Come piegare verso una fanfiction

Plot: Two guys walk into a bar...
Two men walked on a street lit by some street lamps. The light granted Kurose the pleasure of seeing Shirotani's red face, from whose mouth, small clouds of his warm breath came out against the rarified air of Chiba .
Shirotani breathed at regular intervals and often moistened his chapped lips, absent-mindedly, keeping his eyes down. He looked particularly nervous, was he really okay with it?
Kurose wanted to surround his shoulders with an arm and plant a dry kiss on Shirotani's forehead, but he knew that it would never happen. Such action would have demolished the barrier Shirotani had obstinately surrounded himself by, and nullified the three long months of practice.
However, Shirotani still needed to do four counts.
«Shirotani-san, do you have a notebook with you?»
Yes.
«Write down the numbers 1 to 10. Out of the things you are reluctant to do, please make the one you're least reluctant to be number 1. So an act you think you absolutely can't do is number 10. For example, "touching the doorknobs to this store with your hands", how do you feel about that?»
«Eh? Hmm...If I rubbed it with alcohol first...but I still wouldn't want to.»
«Then put that as 1»**
«Shirotani-san?»
Shirotani lift the head/raised his head and looked at Kurose, interrogatively.
«Are you really okay with it?» asked Kurose.
Shirotani nodded his head in affirmation and glanced down again.
 «You don't need to force yourself, Shirotani-san. If you're not ready yet I-»
«I'm okay...! I mean it...»
Kurose didn't reply and put his hands in the pockets of his coat. He felt light, that evening, as the small particles, produced by the street lamps, which flew along with their breaths.
«We've arrived» said Kurose.
Contrary to all Shirotani's expectations, the bar was quiet and there was an indefinable sense of tranquillity in the air. A young man with a beard welcomed them, smiling brightly,
«Konbanwa!» he exclaimed, then Kurose and Shirotani smiled.
«Where do we sit?» asked Kurose.
«I don't know...» answered Shirotani. «...If it's with Kurose-kun, there will be no problems.»
Kurose smiled, blushing lightly.
«What about sitting at that table?»

Later a waiter, Naoki, as it was written on the id card, came to take their orders.

«I'll have a small bottle of sake» said Kurose.
Naoki wrote it quickly, then he looked at Shirotani, waiting for his order.
«I think I will share the drink with him....»
Kurose looked at him extremely surprised, and kept looking at him even after the waiter was gone. 
"Count 8: sharing drinks with others"
A male voice called aloud a guy whose name was "Hayato",while Shirotani took off his white gloves, showing various lesions on both hands. Then Kurose smiled gladly.
«That's the count 8, isn't it?»
Shirotani smiled blushing and started when Kurose touched his hand and began to caress it.

When Hayato was sure that the two customers had left the bar, he came at their table and began to clear it. He put on the tray an empty bottle of sake, a dirty glass and a spotless one.


Ciclopica nota conclusiva: Non saprei da dove iniziare. D'altronde non sono mai stata brava con le spiegazioni finali. Partiamo con ordine: i due protagonisti di questo raccontino (ino...ino...) sono giapponesi (chiedo venia per l'ennesimo coinvolgimento dell'Oriente e per il testo estremamente lungo) e...non sono miei personaggi. E nemmeno esistenti. Insomma: provengono da un manga che leggo (illegalmente sul web) in inglese e ho voluto metterli su carta (...stampata per la mia pigrizia e per il tempo che mi sfugge nelle mani come acqua), immaginandoli all'opera.

Shirotani è un giovane uomo misofobico. Così lo definisce Takarai Rihito, autrice del manga. La misofobia is a pathological fear of contamination and germs, da cui Kurose, uno psicologo, cerca di curare Shirotani. Parlando di loro in italiano, non sarebbe effettivamente corretto chiamarli in questo modo, perché entrambi i nomi sono effettivamente cognomi. In Giappone, da quel che ho capito leggendo diversi manga (...sempre illegalmente e in inglese), bisogna donare almeno un fegato per essere stretti a una persona e chiamarla per nome. Just kidding...anche se in parte è vero.
Comunque, ricordo vagamente i loro primi nomi: dovrebbero rispettivamente chiamarsi Tamoida Shirotani e Riku Kurose. L'eccessivo uso di suffissi, quali "-kun" e "-san" è segno di formalità in Giappone. Il rispetto prima di tutto. 
Shirotani è un personaggio che adoro. A causa della misofobia è costretto, ogni giorno, a indossare guanti protettivi, e nonostante ciò, ha l'abitudine di lavarsi continuamente le mani, lesionandosele per i continui lavaggi. Incontra per caso Kurose, uno psicologo (di cui presto s'innamorerà!!), che gli propone un trattamento efficace. Dieci punti. "Ten Count". E' il nome del manga stesso.
In questo (malriuscito) testo inglese, ho cercato di immaginare un count**. Kurose chiede continuamente a Shirotani se è pronto nell'affrontare l'impresa (Count 5: eating at a restaurant) e Shirotani cerca di tranquillizzare sia se stesso che l'amico, perché if it's with Kurose-kun, there will be no problems. Parole sue. Anche il dialogo che ho trascritto interamente in corsivo proviene direttamente dal manga. Entrano nel bar, Shirotani si rilassa perché aveva paura che fosse invece colmo di alcolizzati, e che con le loro luride mani lo toccassero...I don't want to touch nor to be touched.
Kurose lo guarda allibito perché non pensa che Shirotani lo abbia fatto davvero (pensa! Io sono ancora più sconvolta, nonostante sia stata io ad avergli proposto questa idea...): non solo accetta di mangiare fuori, ma accetta di bere dallo stesso bicchiere! E bravo Shirotani-san! (nel manga non è ancora successo, sono solo io che sogno troppo...!)
Così il cameriere nota un bicchiere sporco, con diverse labbra stampate sul vetro, e uno lindo e perfettamente pulito. Che bello scrivere fanfictions.
In basso, le trascrivo il testo italiano che avevo scritto prima di tradurlo in inglese (impresa ancor più ardua). 


Due uomini, stretti nei loro cappotti, camminavano lungo una strada alla luce di qualche lampione. La luce restituiva a Kurose il piacere di poter scorgere il viso arrossato di Shirotani, dalla cui bocca uscivano piccole nuvolette del suo caldo respiro contro l'aria rarefatta di Chiba.
Shirotani respirava ad intervalli regolari a bocca socchiusa e inumidiva spesso le labbra screpolate, mantenendo lo sguardo basso, annegando in un mare di pensieri. Sembrava essere particolarmente nervoso; Kurose avrebbe voluto circondargli le spalle con un braccio e stampargli un bacio asciutto sulla fronte, ma sapeva che non sarebbe mai potuto accadere. Un gesto simile avrebbe smantellato la corazza da cui Shirotani si era circondato ostinatamente, e reso nulli i tre lunghi mesi di pratica.
A Shirotani, comunque, mancavano quattro conteggi*.
« Shirotani, hai per caso un quaderno con te?»
Cenno del capo.
«Mi piacerebbe che tu scriva i numeri da 1 a 10, riflettendo sulle azioni verso cui sei riluttante. Tra queste, ti chiedo di fare dell'azione per cui ti senti più tranquillo, il numero 1. Quindi l'azione che pensi di non poter assolutamente fare, la collochiamo al numero 10. Per esempio,"toccare i pomelli di questo ristorante a mani nude", come te la senti a riguardo?»
«Pulirei prima i pomelli con dell'alcool...ma non potrei farlo lo stesso.»
«Allora mettilo come il primo passo.»
«Shirotani-san?»
Shirotani si riscosse e portò il suo sguardo dal selciato alle iridi di Kurose, scrutandolo con aria interrogativa.
«Sei sicuro di poterlo fare?»
Il ragazzo rispose annuendo con un cenno del capo, e ritornò ad osservare un punto indefinito della strada.
«Non devi essere obbligato, se non sei ancora pronto.»
«Sto bene, dico davvero...!»
Kurose tacque e infilò le mani nelle tasche del cappotto. Si sentiva leggero, quella sera. Provava la stessa leggerezza con cui le piccole particelle prodotte dai lampioni volavano insieme ai loro respiri.
«E' qui.»
Contro le aspettative di Shirotani, il bar era calmo e aleggiava un'atmosfera di tranquillità per la presenza di poche persone.
Ad accoglierli fu un giovane ragazzo con la barba e il sorriso amichevole.
«Konbanwa!» esordì, i due uomini risposero con un sorriso accennato.
Kurose si rivolse all'altro.
«Dove preferisci sederti, Shirotani-san?» 
«Non ho idea, davvero...» rispose questi. «Se è Kurose-kun a decidere, non ci sarà nessuno problema.»
Un sorriso sincero aleggiava ai lati della bocca di Kurose.
«Allora che ne dici se andiamo a sederci in quel tavolo?»
Shirotani annuì fermamente.
Qualche minuto più tardi la figura di Naoki, così indicava il cartellino sulla maglia, si materializzò al loro tavolo, e prese le loro ordinazioni.
-Per me del sake, grazie.-
Naoki scribacchiò velocemente e puntò gli occhi sull'altro.
-...Io penso che lo berrò con lui.-
Kurose lo guardò stupefatto e non distolse lo sguardo dall'uomo più anziano nemmeno quando Naoki li congedò con un inchino.
"Punto 8: bere dalla stessa bottiglia."
Una voce maschile pronunciava il nome di un certo Hayato e gli presentava le ordinazioni da eseguire, mentre Shirotani si sfilava i guanti bianchi, scoprendo le diverse lesioni presenti su entrambe le mani. Kurose rilassò il viso in un sorriso.
-Punto 8.-
L'altro rispose con un sorriso timido e sussultò quando Kurose gli prese una mano, accarezzandola.

Quando Hayato vide allontanarsi i due uomini, poté avvicinarsi al loro tavolo per sparecchiarlo. Mise sul vassoio una bottiglia di sake bevuta fino all'ultima goccia, un bicchierino con tracce di labbra in diversi punti e uno completamente pulito.




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